La Scuola Autonoma.Un Giano Bifronte_Aprile 2014

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LA SCUOLA AUTONOMA-UN GIANO BIFRONTE

 Parlando del sistema di istruzione e formazione, abbiamo visto come la confusione regni sovrana, per non parlare degli sprechi; se passiamo dal sistema alla singola scuola autonoma, la confusione continua a regnare sovrana, ma sprechi non ne troviamo di certo, anzi: possiamo tranquillamente dire che manca il minimo vitale!

Sempre di più ci andiamo rendendo conto che l’autonomia scolastica è nata debole, è stata il frutto di un provvedimento che potremmo definire “incidentale” nell’ambito della Legge 59/1997; non si è trattato di una riforma di sistema, sono mancati la discussione e il coinvolgimento dell’opinione pubblica, per non parlare del sostegno dalle forze politiche e sociali.

Non per niente, l’autonomia scolastica è collocata nel quarto ed ultimo Capo della Legge Bassanini, insieme…agli Enti di gestione delle acque termali e minerali!

Comunque, la Legge 59/1997 e i successivi provvedimenti applicativi caratterizzano in modo netto e forte l’autonomia scolastica come autonomia funzionale in campo organizzativo e didattico; questa è la sua forza e al contempo la sua debolezza, perché tutto il resto manca.

Per capirsi: cos’è una scuola autonoma? Qual è la sua natura giuridico-istituzionale? Qual è il suo assetto gestionale? Quali sono i suoi rapporti con il Miur, le Regioni e gli EE.LL?

Possiamo dire che la scuola ci appare come un Giano Bifronte, sia nei suoi rapporti con l’esterno, che al suo interno: un’autonomia funzionale, del tutto nuova, inserita in un contesto rimasto rigidamente burocratico.

Tornando alla Legge 59/1997, se passiamo dal livello dell’autonomia funzionale a quello dell’assetto giuridico-istituzionale, l’autonomia scolastica è un decentramento di competenze dal centro alla periferia:

“Ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione … sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche”

La formulazione non è delle migliori, ma il senso è chiarissimo: viene decentrata dall’Amministrazione, centrale e periferica, alle istituzioni scolastiche la gestione del servizio di istruzione.

Per rendere possibile il decentramento di funzioni, viene adottato un provvedimento essenziale:

“attuando a tal fine anche l'estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti d'arte ed ampliando l'autonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato”.

Viene estesa a tutte le istituzioni scolastiche la personalità giuridica di cui già godevano gli istituti tecnici, gli istituti professionali e gli istituti d'arte; l’autonomia scolastica non viene quindi definita tramite una nuova figura giuridica, ma tramite una semplice generalizzazione di qualcosa di già esistente nell’ordinamento.

E’ pur vero che si parla di ampliamento dell’autonomia, addirittura anche in deroga alle norme della contabilità di stato, ma questa è rimasta una petizione di principio.

Verrebbe da dire: fin qui, niente di nuovo: una pura e semplice devolution di competenze, senz’altro molto importante in un contesto di assoluto centralismo, ma senza alcuna vera innovazione.

Come già detto, l’innovazione non sta qui, sta nell’ autonomia funzionale in campo organizzativo e didattico, questa è una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto al precedente assetto rigido e centralizzato del servizio di istruzione; non è più semplice sussidiarietà verticale, siamo nel campo della sussidiarietà orizzontale al massimo livello.

Il fatto è che il vino nuovo è stato messo nell’otre vecchio e, come ci è stato autorevolmente insegnato, la cosa non funziona; ragionando per assurdo, si potrebbe dire che l’istituzione scolastica autonoma giuridicamente non esiste.

I Regolamenti che disciplinano l’ordinamento del MIUR, infatti, dicono che esiste un’Amministrazione centrale e periferica che ha funzioni di supporto e vigilanza nei confronti delle scuole autonome, ma non dicono che cosa siano queste scuole e dove si collochino nella struttura del MIUR, addirittura da nessuna parte è detto che sono dentro la struttura del MIUR.

Mancando una nuova definizione, è sostanzialmente rimasto in piedi il vecchio modello gerarchico-centralistico; la carta intestata dell’istituto a suo tempo diretto da chi scrive risultava come sotto riportato:

 

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO

Istituto Comprensivo “E.Q.Visconti”

C. F. 97198370583 – COD. Mecc.RMIC818005

Via della Palombella, 4-00186 Roma ( 066833114 fax 0668803438 * Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Plasticamente, ritroviamo la struttura gerarchica dei bei tempi andati; abbiamo infatti quattro livelli, posti graficamente dall’alto in basso, quindi in ordine gerarchico:

-la Repubblica, indicata dallo stemma

-il Ministero, ai tempi indicato come MPI, oggi tornato MIUR

-l’USR del Lazio

-l’I.C. Visconti di Roma

Domanda: qual è la fonte normativa che giustifica questo ordine gerarchico? Semplicemente non esiste.

Attenzione: chi scrive è ben convinto che in effetti è questa la situazione reale, la situazione di fatto, ma ciò non toglie che bisogna porsi una domanda precisa: cosa sono le scuole autonome rispetto al MIUR, all’USR in particolare? Un ufficio periferico, oppure un organo o un ente autonomo?

Se le parole hanno un senso, la vigilanza e il supporto si esercitano nei confronti di qualcosa che è più o meno esterno all’organo vigilante…Se così fosse, l’ordine gerarchico sopra descritto non avrebbe senso; la scuola autonoma dovrebbe essere un “qualcosa” di autonomo rispetto al MIUR, in ossequio allo stesso nome: autonomia scolastica.

In effetti, altre autonomie funzionali nel medesimo campo dell’istruzione e formazione, quali le Università e gli Enti di Ricerca, hanno una specifica definizione giuridica che ne stabilisce la natura istituzionale, gli assetti di governo e di gestione, i rapporti con il MIUR e gli altri Ministeri, le interazioni con le Regioni e gli EE.LL., gli interscambi con il sociale e il privato.

Tutto questo per l’istituzione scolastica autonoma non esiste, ci sono solo norme frammentarie e poco chiare: alla fin fine, la scuola autonoma è un oggetto giuridicamente misterioso.

Nella passata legislatura, il DDL 953 presentato alla camera dall’On. Aprea ha affrontato la questione, ridefinendo l’assetto istituzionale/gestionale della scuola autonoma e soprattutto ipotizzando la costituzione delle scuole in Fondazioni; non è il merito delle proposte che qui interessa, ma il fatto che si sia voluto affrontare un problema che evidentemente non esiste solo per chi scrive.

Diciamo che l’accoglienza non entusiastica (Eufemismo…) che il DDL ha avuto in Parlamento, testimonia del livello di sensibilità autonomistica che accomuna in Italia le diverse forze politiche e sociali.

Abbiamo detto che la scuola autonoma è un oggetto giuridicamente misterioso; non basta: la scuola non ha nemmeno una struttura organizzativa e gestionale definita e formalizzata; è del tutto evidente che la gestione di una qualsiasi istituzione si basa sulla sua struttura organizzativa, ma la scuola è forse l’unico caso di una istituzione che non ha...un’organizzazione!

Per la verità, nella scuola una struttura formalizzata esiste, è quella dei servizi generali ed amministrativi, che ha un proprio responsabile, il DSGA; si tratta di una struttura che ha una propria logica di natura ministeriale, che si colloca però a lato rispetto all’autonomia funzionale.

Per quanto riguarda il core business della scuola autonoma, l’elaborazione e la gestione dell’offerta formativa, non esiste invece una struttura formalizzata di comando/gestione che vada dal vertice alla base per gradi intermedi (struttura di line, in termini sociologia dell’organizzazione): si va direttamente dal vertice alla base, dal dirigente al singolo docente.

Esiste poi una specie di struttura di staff, che ha però una veste del tutto particolare, quella di un organo collegiale, il Collegio dei Docenti, che è presieduto dall’organo monocratico di vertice dell’istituzione-scuola, il dirigente.

Dobbiamo infine citare, o forse andava indicato per primo, un altro organo collegiale, il Consiglio di Istituto; questo organo dovrebbe essere una specie di consiglio di amministrazione, con funzioni di indirizzo e di controllo, ma la sua natura è molto incerta, basti pensare che è costituito nella forma di una rappresentanza corporativa di tutte le componenti della scuola.

La scuola è di fatto una specie di “anomia” elevata a sistema, un continuo incontro/scontro di logiche amministrative e gestionali del tutto diverse; come già detto, è un Giano Bifronte, una istituzione inserita in un contesto rigidamente burocratico che deve funzionare come un gruppo di scopo!

L’unica vera novità in campo organizzativo associata all’autonomia scolastica è stata l’attribuzione della dirigenza ai capi di istituto; nella scuola vige allora il modello “Un uomo solo al comando”?

Non può esistere, la storia ci insegna che le organizzazioni, come la politica, non sopportano i “vuoti di potere”; in mancanza di un middle managment e di un adeguamento degli OO.CC. alla nuova realtà autonomistica, lo spazio vuoto tra Dirigente, singolo docente ed OO.CC. è stato occupato da un attore imprevisto: la contrattazione, o per meglio dire il sindacato e le RSU.

La contrattazione si è intrufolata in modo pesante in tutti gli aspetti della vita della scuola; ha invaso non solo l’ambito delle prerogative dirigenziali nella gestione del personale, oggetto della Riforma Brunetta, è entrata anche nel merito delle competenze degli OO.CC., investendo così le stesse modalità di funzionamento dell’istituzione scolastica.

A questo punto, l’anarchia, più che l’anomia, regna sovrana; per uscirne, l’unica strada da seguire è quella dell’adeguamento della veste giuridica e dell’assetto organizzativo dell’istituzione-scuola al modello rivoluzionario dell’autonomia funzionale nell’elaborazione e gestione della didattica.

Quattro i campi di intervento:

1-Definizione giuridico/istituzionale dell’autonomia scolastica come “Ente autonomo”, sul modello dell’Università, prevedendo magari forme associative delle singole scuole così come oggi definite; naturalmente, il C.d.I andrebbe completamente ridefinito come organo di indirizzo e controllo dell’”Ente autonomo”

2-Ridefinizione dell’assetto organizzativo/gestionale; accanto alla figura dirigenziale unica, va istituito il middle managment, a cominciare dalle figure del DSGA e del Vicario che vanno definite come Vice Dirigenza o qualcosa di equivalente

3-Ridefinizione del Collegio dei Docenti e delle sue articolazioni come organi tecnici, di staff e non di line, di elaborazione della didattica e di valutazione degli alunni

4-Riconduzione della contrattazione alla definizione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle competenze degli organi di indirizzo, di gestione e di staff.

 

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