UN’ EPOCA TORMENTATA

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UN’ EPOCA TORMENTATA

Di

GIUSEPPE ALESI

 

QUALE EDUCAZIONE E FORMAZIONE

Il 1 novembre 1993 nasce l'Unione Europea, con tanto di parlamento, bandiera e inno che ben presto si dota anche di una moneta unica e dal marzo 2020 è composta da ben 27 Stati.

Una straordinaria realtà che necessita, per consolidare il processo di unione, la formazione di una coscienza comunitaria, di una appartenenza sentita, la valorizzazione delle comuni radici, la formazione, inclusiva, di una identità superiore e più ampia, quella di cittadino europeo. In tale ottica sono state avviate, già da tempo, numerose iniziative e ovviamente un coordinamento sempre più stringente sul piano scolastico, al fine di creare i presupposti concreti per una visione europea della educazione e della istruzione.

La formazione dei cittadini europei si fa tra i banchi di scuola e già a Maastricht (1992) si scrivono i primi obiettivi e impegni di cooperazione per tutti i livelli di istruzione. L'intento è quello di mettere le basi comuni per una superiore qualità della preparazione e formazione di tutta la gioventù europea.

Nel momento storico che stiamo vivendo ecco che le spicciole rivalità e gli antagonismi di un tempo sembra non abbiano più un gran senso, permangono come semplice folclore, nulla di più, è sempre più evidente la necessità di confronto, di collaborazione, di lavoro comune, di visione allargata e prospettica.

Si richiedono ai giovani reali competenze, saper parlare almeno due lingue comunitarie, maggiori conoscenze informatiche e scientifiche, si aprono per loro opportunità di formazione e di lavoro nel molto più ampio scenario della Comunità Europea.

Il passaggio ad un diverso modo di percepire la vita non è certo facile, mai lo è stato, le novità hanno sempre creato contrasti tra accaniti conservatori e incalliti ottimisti pronti a farsi trascinare dal vento del nuovo. C'è di fatto che la prospettiva del confronto non è gradita a tutti, il mescolamento non piace e ad alcuni fa paura, i paesi del nord Europa sono molto critici con i paesi del sud, Italia in particolare, ritenuti inaffidabili e spendaccioni. L'ipotesi di un affievolirsi dell'identità nazionale già acquisita e consolidata negli anni, crea insicurezze e disagi e la si difende talora con ostinazione, pur se la strada sembra segnata.

In questi ultimi decenni, in aggiunta, un’incontrollata globalizzazione e straordinari fenomeni di immigrazione, mai visti prima, hanno vigorosamente accelerato i processi di mescolamento culturale, procurando ulteriori complessi problemi da affrontare, di tipo economico, di ordine pubblico e persino di tipo sanitario. Certo non è semplice accettare tanti rapidi cambiamenti e non sempre gradito mettere in discussione le nostre convinzioni e certezze. Confrontarsi poi con chi vive tanto diversamente da noi, che per altro critichiamo spesso aspramente, non è per nulla facile, vorremmo, in modo presuntuoso, che costoro modificassero i loro comportamenti, insomma si “occidentalizzino”.

Comunque sia, tra incertezze, dubbi e difficoltà, il processo di mutamento in atto procede in modo inarrestabile e soltanto l'unione, la condivisione, la flessibilità mentale, la partecipazione, il confronto e lo scambio, una visione dall'alto, rappresentano gli strumenti in grado di guardare al futuro con ottimismo, un futuro culturalmente inclusivo. Il villaggio oggi è veramente grande, non è soltanto quello Europeo, abbraccia le tante diversità esistenti nel pianeta mai state così prossime, in virtù di una possibilità di comunicazione, di contatto e di scambio senza precedenti Si intravede un domani fatto di vicinanze e mescolamenti di razze e costumi di straordinaria portata. Le identità, alle quali siamo stati educati e che sentiamo nell'intimo ancora cosi irrinunciabili, verranno necessariamente superate, per lasciare spazio ad una nuova più generale identità, forse un unico popolo, una sola bandiera, fantasticherie?' E' difficile dirlo!

Sta di fatto che: “Ognuno stia a casa propria!”, come anche il noto detto: “Moglie e buoi dei paesi tuoi”, che consiglia di evitare coloro che non fanno parte della comunità, sono ormai cose del passato, fino alla fine del secolo scorso per un siciliano sposare una milanese era un azzardo, oggi i matrimoni misti sono frequentissimi anche nel nostro paese che è stato “contaminato” da presenze straniere molto più di recente.

Il processo di sviluppo culturale dell'essere umano, a guardar bene, da sempre si è orientato verso lo stare insieme, inizialmente tra simili, perché è più sicuro ed economicamente vantaggioso, riduce dispute e conflitti pur se tende ad uniformare idee e convinzioni e attenua le tipicità. Più difficoltoso e problematico è far convivere diversità etniche molto accentuate, con costumi e religioni diverse, l'integrazione è lentissima proprio perché ciascuno tende a difendere i propri usi, costumi e convinzioni.

Ecco quindi che educarsi ed educare a contaminazioni è importante, si trae beneficio dallo stare assieme, porta conoscenza, innovazione, progresso, mantenersi puri e immacolati vuol dire isolarsi e da soli rimane difficile affrontare problemi complessi.

Vivere e gestire il nuovo, l'incertezza del cambiamento, non protetti dai riti e dalle rassicuranti tradizioni, diventa una questione educativa essenziale, sia scolastica che familiare. La strada è quella di costruire continuamente ponti, fossati e bastioni di difesa servono oggi veramente a ben poco.

E allora quale scuola per il domani? Si può parlare di istruzione e formazione, di didattiche innovative, di competenze, di STEM e STEAM e altro, senza fare prima una riflessione di fondo sulle fondamenta su cui ricostruire un sistema scuola in crisi ormai da anni nell'intero continente?

Su quali basi si realizzano tutti gli obiettivi europei? Per quel che ci riguarda al momento siamo persino lontani dal raggiungere gli obiettivi degli impegni dettati dall'agenda 2020.

Da tempo, pur se tra polemiche, il confronto poco ci garba, partecipiamo alle rilevazioni internazionali sulla qualità degli apprendimenti dei nostri studenti, fatti dall'OCSE-PISA e dalla IEA, e i risultati sono impietosi per la nostra scuola pubblica, gli apprendimenti risultano molto bassi, ampia la mediocrità, pochissime le eccellenze, il fenomeno è più evidente nell'istruzione superiore. Soltanto la scuola privata sembra raggiungere buoni livelli.

Il nuovo progetto sulla realizzazione dello spazio europeo dell'istruzione che si allunga sino al 2025/27 tratteggia le modalità per migliorare la qualità: inclusione, parità di genere, transizione ecologica, acquisizione diffusa di competenze digitali anche per gli adulti, ma come si realizza in concreto il miglioramento se non si costruisce un tessuto culturale di fondo? Ogni, conoscenza, ogni competenza, il sapere nel suo complesso, si interiorizza consapevolmente e mette radici, assume valore soltanto se inserito in un contesto che lo ordina dandole un significato generale, una filosofia che lo illumina di logiche più profonde e intime.

Forse, se si riuscisse ad uscire dal pantano salmastro (Luciano Floridi ) nel quale viviamo, in cui tutto è mescolato, confuso, indistinto, potremmo vedere un po' di luce?

Per altro nell'acquitrino in cui ci troviamo si nasconde di tutto, che viscido sfugge dalle mani e porta

spesso inaspettate sgradevoli sorprese.

E' compito di tutti, intellettuali per primi, rimboccarsi le maniche per valutare gli sbocchi, suggerire

soluzioni convincenti, indicare orizzonti, mettere almeno un minimo di ordine nel caos, tracciare una pur stringata etica complessiva di riferimento.

UN’ASSEMBLEA COSTITUENTE

Si dovrebbe promuovere, sarebbe opportuno anche a livello europeo, certamente nel nostro paese è più che opportuna, una Assemblea Costituente sulla scuola che si interroghi, prima di tutto, se essa, come istituzione sia ancora un valore o sia totalmente da abolire perché ormai inidonea ai tempi. Se la si riconoscesse come un valore non sostituibile, bisognerebbe avere il coraggio di rifondarla dalle fondamenta, cercando il filo rosso, le basi filosofiche su cui costruire il sistema. Soltanto dopo si può individuare quale tipo di percorso formativo sia più idoneo ai giovani di oggi, quale tipo di educazione, quali competenze si dovrebbero acquisire, quali siano gli obiettivi da raggiungere anche alla luce delle non poche necessità espresse dall'appartenenza alla Comunità Europea.

Le Indicazioni Nazionali del 2012 che hanno provato lodevolmente, facendo in buona parte proprie anche le indicazioni e gli impegni assunti in Europa, a dare un maggiore impulso al nostro sistema dell'istruzione, ben pochi docenti le hanno di fatto lette e poche scuole ne fanno menzione nei loro piani educativi quasi ad indicare un marcato disinteresse, un significativo malessere del personale scolastico demotivato e appiattito da anni in un ruolo statale privo di prospettive.

Trattandosi di formazione ed educazione sarebbe indispensabile inoltre adoperarsi, non soltanto a parole, perché la scuola e la famiglia lavorino insieme, in uno sforzo comune, condividendo le radici culturali e filosofiche, gli obiettivi, il modello educativo, ritrovando un'alleanza perduta da tempo.

Tracciata la cornice, vincolante, in piena autonomia, le scuole potrebbero organizzarsi, per mettere in atto strumenti, mezzi, strategie e tecniche che i docenti a scuola, i genitori in casa, riterranno più efficaci e utili perché tutti i giovani raggiungano il grado più elevato di istruzione e indipendenza. Sarebbe opportuno che le scuole, in piena autonomia, si associassero territorialmente, distretti e comuni, primarie e secondarie, la parcellizzazione rende debole e poco efficiente il sistema. Lo stare insieme potrebbe consentire di elaborare piani educativi verticali di zona che coinvolgano l'intero territorio e siano in grado di coglierne le specifiche esigenze. I piani educativi dovrebbero essere condivisi e sostenuti da risorse economiche e umane comuni, perché solo l'unione è in grado di garantire economie e maggiori successi.

In essi dovrebbero essere espressi gli obiettivi, le priorità da perseguire che riguardino l'intero percorso formativo, dalla materna all'università, ove presente, di tutti i bambini, normodotati, eccellenti e disabili presenti nel territorio e le modalità di controllo periodico per valutarne l'evoluzione formativa nel tempo.

Il punto forte dovrebbe essere la crescita culturale dell'intero tessuto sociale di appartenenza attraverso uno sforzo comune che utilizzi gli accordi, i partenariati, la corresponsabilità. Soltanto in tale logica potranno essere tenute in giusto conto le necessità produttive, le possibilità di sviluppo e miglioramento, le opportunità occupazionali che il territorio potrebbe offrire, le prospettive allargate di sviluppo.

In tale evenienza la qualità dei docenti dovrebbe essere assicurata molto alta, per cultura, attitudine al dialogo e al confronto, per capacità di individuare strategie, mezzi e strumenti, di organizzare, coinvolgere e indirizzare i giovani. Sarebbe opportuno allora che sia garantita loro per meriti e preparazione una carriera aperta ai vari incarichi di superiore responsabilità compresa la docenza universitaria, per rendere più appetibile il ruolo e avviare un processo di equilibrio tra docenti maschi e docenti femmine mai preso in considerazione.

Il loro reclutamento, dovrebbe essere effettuato a livello locale, seguendo regole stringenti, attitudinali per prima cosa, e celeri perché le scuole possano assicurarsi autonomamente quanto di meglio e di stabile ci sia a disposizione, eliminando mega concorsi e graduatorie di ogni natura.

In tale ottica rendicontazione, valutazione e merito diverrebbero concrete espressioni di una scuola responsabile che abbandona definitivamente i riti ripetitivi di cui attualmente si appaga e sia finalmente libera da un centralismo statale ingombrante e improduttivo, come anche dalla poetica campanella, dalla lavagna di ardesia, e dalla relativa cimosa.

I Dirigenti Scolastici, diverrebbero allora veri dirigenti, esperti del settore educativo, non burocrati asfissiati da mille incombenze e le loro capacità organizzative e manageriali, sarebbero testate dai risultati in campo aperto, in tal caso a loro sarebbe opportuno garantire spazi di sviluppo professionale, quali le Dirigenze Generali Regionali.

L'IDEA DI FONDO

L'idea di fondo sarebbe quella di un sistema disarticolato, alleggerito dalla eccessiva collegialità, gestito integralmente dal basso, da chi vive quotidianamente l'esperienza formativa.

In tale prospettiva di reale decentramento e autonomia, l'ottocentesco Ministero della Pubblica Istruzione (attuale M.I.M.), organo della politica, avrebbe realmente l'unico compito di indirizzo e controllo e potrebbe funzionare con ben poco personale unicamente appartenente al mondo dell'istruzione e formazione e non più amministrativo. I risparmi potrebbero essere significativi per le casse dello Stato e investiti eventualmente, almeno in parte, nel miglioramento economico dei docenti e dei capi d'Istituto.

Obiettivi generali conoscenza per tutti, la più elevata possibile e per i migliori percorsi di alta formazione.

Alla base della improrogabile esigenza di rifondazione del sistema scuola, esistono alcuni profondi convincimenti, da molti ormai condivisi, si sente la necessità di una coscienza sociale rinvigorita, di diritti e doveri armonicamente coniugati, di un maggiore livello di collettiva responsabilità. C'è l'esigenza forte di un nuovo umanesimo, di un'etica che, riallacciati i legame con il passato, si proietti nel futuro e non si appaghi unicamente del presente.

C'è l'urgenza di curare i giovani, i pochi, con una particolare attenzione offrendo loro il meglio, perché il nostro futuro è nelle loro mani, c'è la necessità di contrastare la dilagante filosofia dell'attimo e l'affievolirsi di ogni sorta di limite che rende possibile troppo spesso l'andare oltre in modo spregiudicato.

Urge trasmettere ai giovani il piacere della conoscenza, dell'impegno, della partecipazione, delle prospettive offerte da un mondo mai cosi aperto e allargato dalla potenza sorprendente degli strumenti comunicativi che hanno quasi archiviato libri e biblioteche, che avvicinano rapidamente uomini e culture un tempo lontane e ben confinate.

E allora in Parlamento si discuta e si deleghi un gruppo di elette menti, rappresentative dell'intero spettro sociale, per mettere mano alla riformulazione dell'intero sistema formativo italiano partendo da zero, c'è estremo bisogno di ricostruire un tessuto sociale troppo mal ridotto e ormai inidoneo a reggere le innumerevoli sfide che ci attendono.

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