LA COSCIENZA

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LA COSCIENZA

di

GIUSEPPE ALESI

Federico Faggin e i “ Qualia”

L'essere umano non è una macchina biologica, questo è quanto asserisce, non unico, Federico Faggin, fisico e inventore dei primi microprocessori, autore di numerosi saggi, ultimo: “Irriducibile, la coscienza, la vita, i computer e la nostra natura”.*

E' un testo di quelli da non perdere, che si inserisce, con autorevolezza, nel dibattito sulle aspettative avveniristiche della fisica quantistica, la tecnologia informatica, la robotica, l'intelligenza artificiale, sull'ipotesi ambiziosa di riprodurre l'essere umano nella sua interezza come sostengono gli scienziati materialisti.

Faggin si è reso conto che, malgrado gli sforzi, non comprendeva in alcun modo la natura delle sensazioni qualitative che accompagnano l'esperienza cosciente, i Qualia a detta dei filosofi e, ancor più, che non riusciva a convertirli in segnali elettrici.

Dopo anni di studio è giunto alla conclusione che non soltanto la fisica quantistica ha messo in discussione tutto il determinismo della fisica tradizionale a favore di una visione indeterministica e olistica della realtà, ma anche che la condizione pura di un sistema quantistico potrebbe rappresentare lo stato di coscienza dell'intero sistema.

Esso ha infatti tutte le caratteristiche cruciali di una esperienza cosciente fatta di Qualia e la coscienza stessa sembra sia un fenomeno quantistico unitario.

La consapevolezza, inoltre, di percepire sé stessi non più come semplice osservatore, ma anche contemporaneamente come parte del tutto, in una visione dinamica e d'insieme, osservatore del mondo e nello stesso momento il mondo, rappresenterebbe il nuovo orizzonte.

Essere sperimentatore ed esperienza è il cambio di prospettiva, la novità che supera i postulati della fisica classica tradizionale meccanicistica incentrati sull'osservazione dei fenomeni e tale consapevolezza non è riproducibile.

Proprio la coscienza che l'uomo ha di sé, secondo l'antico e famoso cartesiano “Cogito ergo sum”, “so di esistere perché provo l'esperienza di esistere” non potrà mai essere presente nel più sofisticato degli strumenti informatici e così non potrà mai esistere un computer dotato di coscienza.

Non siamo per nulla macchine biologiche ma “esseri spirituali temporaneamente imprigionati in un corpo fisico simile ad una macchina” ** parte di un tutto, l'universo, con una sua altrettanto intima spiritualità e coscienza.

Le articolate osservazioni, i convincimenti di Faggin, non un filosofo, ma un fisico, da cui siamo partiti rientrano in un antico dibattito tra materialisti sostenitori dell'esistenza di una unica realtà, quella fisica, e i dualisti che rivendicano l'esistenza, accanto a quella materiale, di una natura qualitativa dell'esperienza, che in quanto percepita, esiste e non è per nulla secondaria.

Ecco che al più elaborato degli umanoidi mancheranno comunque “la pausa di riflessione”, “la coscienza del momento”, il sapore del percepito, l’intimità del silenzio e della meditazione, la consapevole mestizia della tristezza, il gradevole piacere dell'allegria.

Non è certo cosa da poco, l'autore, fisico, parla della coscienza, tema caro anche alla Rita Levi di Montalcini e ai filosofi, come fenomeno unico, non misurabile, non riproducibile.

Riconoscibile, è mio pensiero, come comune denominatore umano, tratto unificante che collega le diversità, che caratterizza e rafforza la complessa centralità dell'essere umano e, come tale, lo richiama alle proprie responsabilità.

E ALLORA?

E' giusto chiedersi: “E allora?”

Dove vuole condurre questo sommario dialogo esistenziale nato dalla lettura di un libro, su cui tornare per coglierne sicuramente meglio il significato e il valore?

Faggin ci aiuta a riflettere sulla coscienza, chiave e sostanza della conoscenza che diventa tale proprio quando è consapevole, quando tiene conto e intreccia il concreto con il sentire e più in generale sul sapere.

“Il sapere si riferisce all'informazione, mentre conoscere si riferisce al significato dell'informazione,

che può venire da un'esperienza cosciente”. ***

Sul valore, aggiungo io, che ha, allargando lo sguardo, anche l'educare, l'insegnamento e la scuola.

La scuola trasmette e tramanda gli usi e i costumi di un popolo alle nuove generazioni e con essi le regole del vivere insieme, il modo di vedere il mondo, di interpretare la vita, le sensibilità, gli stili educativi, le convinzioni, un mondo ben delineato di emozioni e sentimenti, l'identità insomma, la conoscenza consapevole dell'appartenenza.

Una buona scuola, con bravi Maestri, non si può limitare, particolarmente oggi, a trasmettere il saputo e i valori del clan, ha il compito di andare oltre, promuovere la piacevole ricerca costante e dinamica della conoscenza, che è illimitata e della verità.

Verità che i tempi nuovi impongono si rintracci anche attraverso il dialogo e il confronto allargato e consapevole con gli altri, non più soltanto con quelli della porta accanto, ma con il resto del mondo, con le altre disseminate e diverse parti del tutto che non sempre condividono le nostre idee.

E' straordinariamente feconda l'esperienza economica e politica sovranazionale dei ben ventisette stati dell'Europa Unita; nazioni che in passato si sono lacerate in frequenti conflitti devastanti adesso collaborano, si confrontano, fanno scelte comuni e cedono consapevolmente parte della loro autonomia per il bene comune.

Il punto delicato potrebbe essere quello che, pur riconoscendo che il pianeta esprime tante identità culturali, modi diversi di percepire e sentire, benché da rispettare, siano comunque inferiori, perché quella di appartenenza, qualunque essa sia, la si senta come la giusta e la migliore.

Certamente tale supponenza esiste ancora, ma le esperienze di questi ultimi anni, il sapore dolce e amaro della mescolanza, stanno mutando vistosamente la visione delle cose.

La stagione delle forti identità nazionali, delle bandiere, degli eroi, del “Soldato noto a Dio”, sembrerebbe si stia esaurendo, permangono ancora inconciliabili e solidi i distinguo culturali, religiosi in particolare, tra mondo occidentale e orientale. Comunque sia gli orizzonti così improvvisamente allargati, i contatti repentini con civiltà molto diverse e una volta tanto lontane, determinano esperienze coscienti accompagnate talora da non poche sensazioni anche sgradevoli (Qualia), da legittime istintive reazioni di orgoglio e difesa di identità, sussulti talora sproporzionati, come anche rivendicazioni patriottiche fuori tempo.

L'aggressione della Russia all'Ucraina potrebbe rientrare in questo alveo?

C'è in alcuni il desiderio di impossibile nostalgico ritorno al passato, ma il processo di cambiamento non è più reversibile, va avanti velocemente e lo si può solo unicamente governare con coscienza, non certo combattere o leggere con rigidi criteri di valutazione.

E poi ci sono altri a cui il vento del cambiamento non dispiace, perché è fonte di opportunità e invece di alzare muri per difendersi, costruiscono mulini a vento.

E' in atto un processo di contaminazione culturale, un “meticciamento” complessivo dal quale si potrebbe conseguire, un domani, una identità generale più alta, oggi appena enunciata, una straordinaria coscienza collettiva nuova. Tutti gli esseri viventi, uomo compreso, i cui tratti anche morfologici distintivi saranno meno netti e forse parlerà un'unica lingua, si sentiranno realmente uguali cittadini di un unico mondo e consapevolmente anche parte di un supremo generale e inclusivo Uno spirituale.

Dubbi, incertezze, prospettive, la ricerca promettente di altra identità, il piacere di guardare lontano, vanno trasmessi alle nuove generazioni, oltre al tradizionale teorema di Pitagora, alle gloriose imprese di Garibaldi e al fatto che è riprovevole parlare male della mamma?

Penso sia indispensabile fare acquisire ai giovani flessibilità di pensiero, far loro appezzare la vitalità della conoscenza e comprendere che le certezze di oggi non sono per nulla eterne e tutto potrebbe essere discutibile già domani, perché il mondo ha cambiato marcia e i mutamenti significativi, un tempo molto diradati nel tempo, adesso sono quasi quotidiani.

“E bisogna imparare a camminare sulle sabbie mobili” **

Va trasmessa e sperimentata la centralità e responsabilità dell'essere umano e sottolineato che comunque sia, in un momento caratterizzato della trascinante euforia digitale, il più sofisticato marchingegno informatico non potrà avere mai la sensazione, l'esperienza cosciente, della fragranza di una rosa, del gusto della marmellata di ciliege, del sentimento d'amore.

Sarebbe opportuno che maturasse, via, via, tra i banchi di scuola la coscienza del comporre e dell'unire, per contrastare la eccessiva e diffusa parcellizzazione disciplinare. Promuovere una visione interconnessa delle conoscenze, del dettaglio e dell'insieme, consente di comprendere il coerente dinamismo del tutto, di cui ciascuno di noi è parte integrante, di sentire e vivere la vita come un sistema olistico e la realtà come un costante cambiamento, il tutto collegato e pervaso da una Suprema Logica unificante.

E in definitiva che la fisica, la filosofia e persino la poesia sono parenti molto stretti. ***

N.B. Chiedo scusa al prof. Faggin per la interpretazione forse troppo sommaria e incompleta del suo pensiero e per averlo arbitrariamente esteso oltre misura alla educazione e alla formazione.

*Federico Faggin, IRRIDUCIBILE, la coscienza, la vita, i computer, la nostra natura, Modadori, 2022

**Zigmunt Bauman, Vita liquida, Laterza, 2006

***M. Lederman T. Hill, Fisica quantistica per poeti, Bollati Boringhieri, 2019

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