IL RECLUTAMENTO DEI DOCENTI SECONDO L’ISPIRAZIONE DI DANIELA LUCANGELI
IL RECLUTAMENTO DEI DOCENTI SECONDO
L’ISPIRAZIONE DI DANIELA LUCANGELI
Se l'insegnante se ne sta asserragliato dietro la cattedra con la schiena curva e lo sguardo basso, accartocciato su se stesso, non trasmette nulla se non lo stesso grigiore emotivo”*
di
Giuseppe Alesi
Con vivo piacere ho appreso che Tuttoscuola ospita Daniela Lucangeli, nota docente ordinaria di Psicologia dello Sviluppo all'università di Padova, da me apprezzata e spesso citata non soltanto per le sue doti di scienziata, ma anche per le sue non comuni attitudini comunicative.
Lei cattura per la piana esposizione delle tematiche che tratta con padronanza e con entusiasmo, che accompagna con una gestualità armonica e sottolinea con una complessiva espressione del viso e degli occhi che coinvolge quanti la stanno ascoltando.
Un vero insegnante a cui, oltre alle capacità dialettiche e argomentative, “gli viene facile”, come direbbe Lei, coinvolgere.
Un attore che ama il suo lavoro e sa come attrarre l'attenzione, che è in grado di mantenere continuamente alti sia il livello di attenzione che la motivazione all'ascolto e all'apprendere.
In più occasioni ho scritto che la scuola può rinnovarsi e cambiare volto non unicamente attraverso maggiori finanziamenti, ma essenzialmente assumendo docenti con attitudini particolari, veri Maestri che sappiano coinvolgere e trasmettere entusiasmo, emozioni, di elevata cultura, e magari esempi di vita.
E questo non può accadere di certo attraverso l'infausto sistema delle continue sanatorie, scorciatoie che, negli ultimi quaranta, cinquant'anni, hanno riempito, complici le sigle sindacali, le scuole di docenti precari spesso alla ricerca unicamente di un posto di lavoro.
Soltanto con Professori come Lucangeli e Barbero si può ridare vita, colore, slancio, ad un sistema scuola complessivamente pallido e languente.
UNA SCELTA DISSENNATA
Proprio una scelta dissennata le assunzioni di massa senza concorso, che hanno comportato un decadimento della funzione docente, proprio perché svolta in genere da personale ben poco motivato, con attitudini all'insegnamento molto discutibili, e un deciso abbattimento complessivo del livello di qualità della scuola; ne è venuta fuori una istituzione di basso profilo che non ha saputo coniugare per nulla equità, aperta a tutti, e buon livello.
Tale disattenzione ha creato un vuoto di cui stiamo pagando bene le conseguenze, che ci porteremo dietro per decenni e difficile da sanare in tempi brevi; la preparazione dei nostri alunni, le indagini internazionali lo evidenziano impietosamente, è bassa, pochissime le eccellenze, alti sia il tasso di abbandono che l'elusione.
Questa politica ci sta penalizzando enormemente sul piano economico e ci tiene ben lontani, nei fatti, dagli obiettivi previsti dalle politiche europee sull'istruzione e la formazione, che in linea di massima, i docenti stessi neppure conoscono sino in fondo.
L'aver tenacemente mantenuto poi, nell'insieme, l'impalcatura della riforma gentiliana del 1923, una scuola che detiene e trasmette il sapere, concentrato nei libri e nelle biblioteche, quasi ignorando il cambiamento ormai in atto da più di trent'anni, ha finito con il completare l'opera di svalutazione dell'intero sistema istruzione, determinandone un vistoso allontanamento dalla realtà sociale, dai giovani in particolare.
Con la riforma dei decreti delegati del ‘74, sull'onda delle spinte innovative del ‘68, parole d'ordine partecipare e condividere, è cresciuta la partecipazione ma si è imposto nei fatti in un incauto e prolungato liberi tutti.
La più recente e ambiziosa autonomia scolastica del ‘97, silurata dalla ferrea idea politica di una scuola tutta statale e centralizzata, non ha preso mai il volo, creando infine incertezze e confusioni, perché costretta oltretutto a convivere con la traboccante collegialità partecipativa della riforma del ‘74.
Il quadro complessivo non è certo dei migliori e non è facile trovare soluzioni che non siano soltanto panni caldi, sarebbe opportuno prenderne coscienza e avere la determinazione di azzerare tutto per la ricostruzione totale di un sistema che fa acqua da tutte le parti.
Chi ha la forza, anche politica, di imboccare una strada che coniughi coraggio, innovazione e certamente anche rischio?
Nell'attesa potremmo però, visto il calo costante degli studenti nel nostro paese, ragionare su una possibile riduzione del numero dei docenti, sulla loro evoluzione di carriera, sulla parità di genere, su come rendere le scuole centri polifunzionali costantemente aperti.
Si potrebbe nel frattempo decidere anche che il reclutamento del personale, da oggi in poi, avvenga soltanto per concorso e preveda una selezione essenzialmente rivolta, oltre che alla naturale specifica formazione, al possesso di elevate qualità attitudinali, che consentano di riallacciare un intimo dialogo con i giovani al momento molto compromesso.
*Daniela Lucangeli, A mente accesa, Mondadori, 2020