REMINISCENZE

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REMINISCENZE

DI

GIUSEPPE ALESI

“Non si vive di solo presente”(1)

Partirei da una recente affermazione “Mi ricordo bene com’ero io quando avevo la loro età!”, affermazione, qui riportata in forma sintetica ed essenziale, fatta dal prof. Barbero durante una trasmissione televisiva nella quale lui e Augias discutevano, quest'ultimo con una certa supponenza e polemica, con i due rappresentanti del Comitato Nazionale degli Studenti sulle modifiche apportate all'esame di stato per l'anno 2022.

Strategiche le parole e puntuali per far mutare immediatamente la conversazione già avviata sul piano dello scontro, ben poco produttivo, per altro con uno studente e una studentessa che, se pur politicamente molto indottrinati, mostravano di essere per nulla sprovveduti e smarriti di fronte a due intellettuali di prestigio.

Sta di fatto che il ricordo di quella età giovanile, in genere bella pur se complessa e talora problematica, gli adulti sembra l'abbiano spesso rimossa o non siano disposti per nulla a rammentarla, perché ormai son tutti presi dal ruolo adulto che ha compiti seri, ben diversi e galloni conquistati sul campo ben lucidi da mettere in mostra.

E così si stenta molto, al di là delle parole, nei fatti a fare un passo di avvicinamento concreto verso i più giovani, si procede più spesso con amorevole distacco e ancor più con tanta diffidenza e sfiducia.

Piace, i docenti ne sono maestri, sottolinearne le magagne, le inefficienze, gli errori, le incongruenze, la volatilità, la perdita di tempo, la testa per aria.

Provo anche io talora a rammentare, oggi che l'età avanza, quella giovinezza consumata tanto in fretta, velocemente e ne ricordo, pur con qualche difficoltà e con bonaria compiacenza e nostalgia, la confusione, il turbamento, il vigoroso desiderio di quasi mangiare il giorno, di divorare l'esperienza, di vivere senza freni, travolto da emozioni vibranti, oggi ormai quasi sopite.

Quante nostalgie!

Da grandi ci siamo dimenticati quella tensione, quel trambusto interiore, quello slancio smisurato e incontrollabile, quell'odore denso di profumi travolgenti della vita, quel senso di onnipotenza tipicamente giovanile, la testardaggine, quell'innamorarsi irresistibile e senza limiti di tutto e di tutti.

Ce ne siamo dimenticati o meglio quei vissuti li abbiamo accantonati, costretti e spenti con il senno e la razionalità, rendendo troppo spesso arido il nostro giardino interno. Se proviamo però per un po' a far mente locale e ci abbandoniamo ad una insano, voluttuoso quanto edificante esercizio del ricordo, tutto ci affiora gradualmente: “Mi ricordo bene i miei anni giovanili! Le cose che facevo e che oggi non faccio più”, “non è più quel tempo e quell'età” direbbe Carducci (2).

Le foto sbiadite, in bianco e nero, tornano a scorrere una dietro l'altra, nella nostra mente, come fotogrammi di un film. Se pur inizialmente con qualche fatica, ecco “Mi ricordo bene!” e come se mi ricordo: la voglia di fare senza freno e talora anche senza senso, la distanza dagli adulti di cui non rammento neppure i volti; non ricordo le sembianze persino dei miei genitori che pure avevano appena quarant’anni e questo perché ero semplicemente tutto Io, eppure quelle antiche e lontane esperienze sono oggi parte integrante di me.

Potremmo certamente uscire dalla presunta tranquillità del ruolo di adulti, dalla presunzione di aver capito tutto o quasi dell'esistenza, dal presente percepito come eterno e aprire la porta del ricordo per tornare a giocare liberamente con la vita come un tempo? Si potrebbe richiamare alla mente la straordinarietà di essere giovani, sarebbe molto utile a noi e serverebbe tantissimo per non chiedere con assillante, stucchevole insistenza, coerenza e serietà nei comportamenti e negli impegni a chi la sta vivendo, perché al momento non lo può fare più di tanto, come di certo non potevamo farlo anche noi allora.

Non c'è coerenza, non ci può essere, non ci deve essere, questo è essere giovani.

La vicinanza, la condivisione emotiva, l'empatia, “ti capisco, porto le tue scarpe!” sono la strada, talora dissestata e difficile da percorrere, che ci consente di riportarci, pur se adulti fatti, a quella ebrezza ormai lontana che loro stanno adesso vivendo a pieno tra tante incertezze e contraddizioni.

Perché, per dirla con Duccio Demetrio “non si vive di solo presente, la coscienza del passato è un privilegio, è l'antico che c'è e che siamo”(1).

Le reminiscenze servono per non perdere il ricordo del passato di cui siamo fatti.

Tutto ciò facilita una costruttiva vicinanza emotiva, non ingombrata unicamente da continui soffocanti richiami e rimbrotti, da distratti atteggiamenti di sufficienza, sostiene una produttiva relazione fiduciosa, la pazienza e allontana inutili pregiudizi.

1)Duccio Demetrio, All'antica, una maniera di essere, Raffaele Cortina, 2022

2)G. Carducci, Davanti san Guido.

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